Esattamente settant’anni fa nasceva il Movimento Sociale Italiano. Ma la nascita del Msi viene preceduta da alcuni fatti, il più importante dei quali si svolge a Roma nel maggio del 1946. Tra i moltissimi gruppi e gruppetti fascisti, ve n’è uno, guidato da Pino Romualdi, detto “il dottore”, che si chiama Far, Fasci di azione rivoluzionaria, al cui vertice si forma un organismo chiamato il Senato, che cerca in qualche maniera di coordinare la nebulosa fascista superstite, in Italia, ma soprattutto a Roma. A fine luglio, il Senato affronta in una riunione a Roma il problema di cosa fare in futuro. Romualdi propone di abbandonare l’Uomo qualunque di Guglielmo Giannini, che aveva riscosso un qualche successo elettorale, e di formare un movimento che catalizzi tutti i fascisti dispersi. La sua tesi passa di misura, così si individuano in Giorgio Almirante e in Giacinto Trevisonno le persone che avrebbero potuto rivestire responsabilità nel nuovo movimento, in quanto Romualdi era ricercato, tanto che poi, nel 1948, fu arrestato e rimase otto mesi in carcere. Insomma, era deciso. Il 3 dicembre ci fu un’altra riunione in via Barberini, a casa del papà del futuro segretario del Msi Arturo Michelini, Renato. Alla riunione partecipano rappresentanti dei giornali fiancheggiatori e i leader di alcuni gruppi politici, tra i quali il Mius, Movimento italiano di unità sociale, di cui faceva parte, tra gli altri, proprio Almirante. Si stabilì di creare un nuovo soggetto politico, come si direbbe oggi, che si chiamerà Movimento Sociale Italiano.
Il ruolo di Rivolta Ideale di Tonelli
Seguirono altre riunioni, con molti e diversi partecipanti, fino ad arrivare a quella decisiva. Il 26 dicembre, dopo altri numerosi – e faticosi – contatti preliminari tra le varie e variegate organizzazioni e associazioni che vi confluivano, e preparato dal giornale Rivolta Ideale (diretto da Tonelli, uno dei membri del Senato), si costituì a Roma il Movimento Sociale Italiano (siglato all’inizio Mo.S.It.), il cui primo atto fu di rivolgere un appello agli italiani per la ricostruzione e presentare i dieci punti programmatici. Tra questi dieci punti, è fondamentale ricordarlo ancora, ve ne era uno dedicato specificamente alla pacificazione nazionale, peraltro sempre respinta dai comunisti. Già il 29 furono affissi per la città manifesti con entrambi i documenti. Si varò lo statuto provvisorio che prevedeva otto organismi. Giacinto Trevisonno fu nominato segretario della giunta esecutiva, mentre a Carlo Guidoboni fu dato il compito di organizzare il nucleo giovanile del nuovo partito, il Fronte giovanile, “nonno” del Fronte della Gioventù, poiché si era convinti, e con ragione, che l’anima del Msi sarebbero sempre state le nuove generazioni, e così in effetti fu sempre. Mentre erano ancora vive l’epurazione, la persecuzione e le vendette cielleniste contro i fascisti, affluirono nel nuovo partito della fiamma tricolore combattenti della Repubblica Sociale Italiana, reduci dai campi di prigionia, epurati, e soprattutto giovani e giovanissimi che la guerra non l’avevano fatta. Si calcola che nel 1945 fossero decine di migliaia i fascisti in carcere a vario titolo, e questo mentre in Italia si parlava di nobili valori, di democrazia, di libertà.
Un movimento radicato sul territorio
Dopo pochissimi mesi, se non settimane, il Msi era già una realtà solida, strutturata, organizzata, radicata sul territorio. Il partito si articolò subito in sezioni comunali e federazioni provinciali. Mancavano i mezzi ma si supplì con il volontarismo, reso ancora più eroico per il fatto che si doveva combattere contro l’ostracismo, la congiura del silenzio della stampa, il carcere, la disoccupazione, la violenza di piazza, anche armata, la penosissima carenza di mezzi economici. Ma soprattutto si doveva combattere contro almeno una parte dei vincitori e la loro arroganza. Il 5 febbraio del 1947 venne redatto uno statuto provvisorio del Fronte giovanile. Il 10 uscì – numero unico – la prima pubblicazione dell’organizzazione giovanile missina, Che l’inse!, dal grido del Balilla. Il 9 febbraio si tenne nella sede del Msi, in corso Vittorio Emanuele 24, il primo giornale parlato, ossia una commistione di comizio, dibattito, confronto tra il pubblico e gli esponenti del partito. Ideato da Almirante e attuato da Mario Cassiano. Il 20 febbraio si costituirono le sezioni Appio-Tuscolano, Italia Nomentano-Città Giardino, Savoia e Colle Oppio, la quale in realtà già era utilizzata in precedenza da combattenti della Rsi e profughi istriani e dalmati, tanto che poi si chiamerà, e si chiama ancora oggi, “Istria e Dalmazia”. Le prima sezione aperte in provincia? Quelle di Guidonia Montecelio e Morlupo. Nel febbraio si costituirono anche i Nuclei universitari del Msi. Oltre a Rivolta Ideale, che Tonelli aveva continuato a mettere a disposizione del Msi, il partito si dotò di un suo modesto organo ufficiale, la Circolare settimanale, due o quattro – poi otto – fogli dattiloscritti su cui veniva raccontata la vita del nuovo Movimento. Sulla Circolare appariva anche la rubrica dei giovani del Fronte, Fanfara. La prima sede del Msi fu aperta in corso Vittorio Emanuele 24, nei cui locali vennero ideati e attuati i cosiddetti giornali parlati, specie di conferenze a ingresso libero dove si esponevano e si commentavano le tesi del Msi o i fatti del giorno e si apriva un dibattito aperto a tutti. Nelle sezioni si costituirono i Gop, gruppi di organizzazione e propaganda, raggruppamenti scelti, antenati dei futuri GO (Gruppi Operativi) di via Sommacampagna degli anni Settanta, “invenzione” di Teodoro Buontempo e Franco Tarantelli. In aprile poi nacquero i nuclei sociali di Prati-Trionfale, Gianicolense-Ostiense, Trastevere-Testaccio, Prenestino, Labicano, Monti-Trevi, Pinciano, Borgo-Ponte e il primo nucleo studentesco, che fu costituito al liceo Dante Alighieri in Prati. Il primo segretario della giunta provinciale di Roma, nata nel gennaio di quell’anno, fu l’avvocato Nestore Sciarretta. Della giunta provvisoria faceva parte, tra gli altri, l’avvocato Mario Niglio, ancora vivente e che ci ha raccontato alcuni di questi episodi.
Come nacque il simbolo della fiamma
Enzo Erra poi, in un’intervista con Almirante su Intervento, degli anni Ottanta, ci racconta come nacque il simbolo: un mutilato, incontrando Almirante sulle scale nella sede, gli propose di utilizzare la fiamma, simbolo dei combattenti, e gliela abbozzò su un foglio. Fu utilizzata già nelle amministrative romane. Malgrado la commovente penuria di mezzi, al 31 maggio esistevano già 300 sezioni del Msi in tutta Italia con quasi diecimila tesserati. Negli anni successivi Almirante sottolineò sempre il grande ruolo di Rivolta Ideale, “che ha parlato quando gli altri tacevano”. La ragione del successo del Msi e segreto della sua stessa sopravvivenza, fu la immediata diffusione capillare in tutta Italia e il suo radicamento sul territorio, frutto probabilmente dell’esperienza del Partito nazionale fascista che i primi missini portarono con loro. Inizia così la pluridecennale storia del Msi. Nel 1952 poi iniziò l’avventura gloriosa del Secolo d’Italia, per decenni organo ufficiale del Msi e poi di Alleanza nazionale e oggi della Fondazione che ne custodisce gli ideali e la memoria. Il quotidiano fu sempre tenuto in altissima considerazione da tutti i segretari del partito ma soprattutto dai lettori, che non gli fecero mai mancare l’appoggio in occasione delle numerose campagne di autofinanziamento lanciate dal Mai proprio dalle colonne di questo giornale. Tali sottoscrizioni hanno consentito alla comunità di disporre del patrimonio oggi amministrato dalla Fondazione Alleanza nazionale. Ma questa è un’altra storia, che racconteremo presto.
26 dicembre 1946-26 dicembre 2016: i 70 anni del Msi in otto citazioni
70 anni fa nasceva ufficialmente il Msi che riuniva le organizzazioni neofasciste sorte dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Una mostra allestita in via della Scrofa (visitabile fino al 10 febbraio) ricorda e celebra l’evento, avvenuto a Roma il 26 dicembre del 1946. Una pagina di storia italiana, che ricordiamo in questa sede attraverso le citazioni tratte da alcuni dei libri più diffusi che hanno trattato l’argomento.
Le firme di adesione
“Ci limitiamo a citare i personaggi che maggiormente hanno operato in quei mesi: Arturo Michelini, Pino Romualdi – essendo latitante si fa chiamare Giuseppe Versari – Giovanni Tonelli del Movimento Fronte dell’italiano e direttore della Rivolta Ideale, Giorgio Pini, Gianluigi Gatti, Biagio Pace, Roberto Mieville, Nicola Foschini, Giorgio Bacchi, Valerio Pignatelli, Nino Buttazzoni, Francesco Galanti, Bruno Puccioni, Ezio Maria Gray, Ernesto De Marzio, Giacinto Trevisonno, Italo Carbone, Puccio Pucci, Olo Nunzi oltre a Cesco Giulio Baghino, Giorgio Almirante, Mario Cassiano ed Elio Lodolini del Movimento Italiano di Unità Sociale (Mius)”. (Adalberto Baldoni, Storia della destra, Vallecchi, p. 17)
Il significato storico
“La ricomposizione politica significava in primo luogo la riabilitazione di un’idea che per molti era stata la ragione stessa di vita. La ricomposizione legittima, la possibilità di tornare a fare politica alla luce del sole, senza necessità di essere clandestini, poi, era il punto d’arrivo di un processo sofferto e lento, che riuscì grazie alla tenacia di Romualdi e grazie ad alcune situazioni fortunate o comunque positive. Era anche, per il leader neofascista, un modo per lanciare una sfida: la possibilità di fare politica era non soltanto una via per provare lo spirito democratico altrui, ma soprattutto per provare la capacità di trasformazione dello stesso neofascismo da fenomeno di conventicole perdenti in forza politica in grado di parlare a molti, se non a tutti”. (Giuseppe Parlato, Fascisti senza Mussolini, Il Mulino, p. 250)
Il reclutamento
“Il reclutamento al partito è rivolto selettivamente agli epurati e ai reduci dei campi di prigionia dei non collaboratori, cioè a coloro che avevano mantenuto un atteggiamento di fedeltà al fascismo dopo l’8 settembre. Tra le indegnità che impediscono l’adesione al partito è previsto esplicitamente che non siano ammessi ‘coloro che abbiano tradito la Patria venendo meno ai loro doveri di cittadini e di soldati per perseguire interessi personali al servizio dello straniero’. ” (Piero Ignazi, Il polo escluso, Il Mulino, p. 29)
Il ricordo di Pino Romualdi
“Romualdi così descrisse l’atmosfera di quella fine dicembre 1946: ‘Erano le feste natalizie. Dopo tanti mesi di tensione, di impegno, di quotidiani incontri, di riunioni, di discussioni interminabili, a volte non soltanto difficili, dure, ma anche defatiganti e amare, ecco, ora che il partito c’era, avvertivo dentro di me quasi un vuoto. Lo dissi ad Arturo, sorridendo. Ora le responsabilità che così a lungo avevano pesato su di noi non sarebbero state più soltanto nostre ma anche di altri e precisamente di quelli – compreso lui, naturalmente – che non avendo più conti da saldare con la giustizia della Repubblica democratica e partigiana o non avendone mai avuti – potevano prendere ufficialmente possesso della sede di Corso Vittorio 24. I bellissimi locali da me affittati qualche tempo prima – come di consueto con nome e documenti falsi – presentato all’amministrazione proprietaria da Renato Michelini, l’insospettabile padre di Arturo”. (Parlano i protagonisti, a cura di Gennaro Malgieri, in Secolo d’Italia, n. 293, 14 dicembre 1986)
Il ricordo di Giorgio Almirante
“Trovammo, quel pomeriggio, una pronta intesa, fondata programmaticamente su ‘dieci orientamenti’, che erano stati redatti da Romualdi; e su un appello alla Nazione, lanciato da Gray. Avevamo a disposizione un organo di stampa, La Rivolta Ideale, che aveva raggiunto in breve tempo una notevole diffusione grazie alla bravura del suo fondatore, Giovanni Tonelli. Nacquero Rataplan e poi Asso di Bastoni; e fu tutta una fioritura di giornali e giornaletti”. (Parlano i protagonisti, a cura di Gennaro Malgieri, in Secolo d’Italia, n. 293, 14 dicembre 1986)
Le anime del Msi
“Quali correnti politiche ed ideologiche confluiscono nel Msi? In realtà tutte le diverse anime, già presenti nel fascismo regime e nella Rsi, si ripropongono con le stesse caratteristiche, anche nel nuovo movimento. D’altra parte è inevitabile, trattandosi di un partito che ha la pretesa di rappresentare tutti i fascisti. Superato il dibattito ‘democrazia sì, democrazia no’, le questioni principali sono due: quali rapporti mantenere con monarchici e venticinqueluglisti (cioè coloro che avevano votato contro Mussolini nella seduta del Gran Consiglio del fascismo il 25 luglio del 1953) e stabilire se il Msi fosse un movimento di destra o di sinistra”. (Nicola Rao, La Fiamma e la celtica, Sperling & Kupfer, p.33)
Esuli in patria
“Il Msi nasce con il complesso dell’orfano. Sorge con la precisa convinzione di essere il frutto obbligato di una sconfitta e di una tragedia, da cui deriva l’imperativo di resistere ad ogni costo. E’ un partito che si pone sin dall’inizio come obiettivo principale la propria sopravvivenza, alla quale attribuisce un carattere di sfida e di rivincita nei riguardi dell’antifascismo. Quindi dispiega tutte le sue energie nel tentativo di riaggregare una collettività umana dispersa dalla furia degli eventi, contrapponendo la pura e semplice esistenza di questo mondo alla pretesa di legittimità delle forze del Cln, fattesi Stato dopo il 25 aprile 1945. E’ chiaro che questa impronta psicologica della comunità neofascista italiana dice molto sulla sua storia successiva”. (Marco Tarchi, Cinquant’anni di nostalgia, Rizzoli, p.35)
Fiamma tricolore
“La scelta di farne il simbolo del Msi fu di Giorgio Almirante nel dicembre 1946. Come egli stesso ha più volte ricordato, a disegnare la prima fiamma tricolore fu lui personalmente, prendendo spunto dal distintivo di una associazione combattentistica. E da subito i militanti presero a leggere le iniziali della sigla sulla base trapezoidale traducendole come Mussolini Sei Immortale (…) Anche l’inno ufficiale con il quale si tenne a battesimo alla fine del 1946 il neonato Msi – ‘Siamo nati in un cupo tramonto’ – conteneva un obbligato riferimento al simbolo: ‘Noi saremo la fiamma d’Italia/il germoglio di un’alba trionfale/ la valanga impetuosa che sale/ italiani coraggio, con noi!’… L’anno successivo, la fiamma tricolore del Msi venne celebrata anche dal pittore e grafico Gino Boccasile – il celebre disegnatore delle Signorine Grandi Firme e dei disegni propagandistici della Rsi – con un manifesto elettorale intitolato Il Miracolo”. (L. Lanna-F. Rossi, Fascisti immaginari, Vallecchi, p. 189-190)
A settant’anni dalla sua nascita, la storia del Msi non va “imbalsamata”
Nell’ottobre del 1925, Margherita Sarfatti, musa del movimento artistico Novecento, nonché dei futuristi, si domandava: “Dobbiamo sempre fare i necrofori e gli imbalsamatori ? O le prefiche che cantano il rimpianto e le glorie dei morti ?”. Il quesito – non ci si scandalizzi – vale, oggi, per la Storia del Msi, del quale, il prossimo 26 dicembre, cade il settantesimo della fondazione. Storia gloriosa, quella del Msi, fatta certamente di martiri e di grandi idealità, a cui va ogni rispetto, ma anche Storia di rimpianti e di facili nostalgie, a rischio – per usare l’immagine della Scarfatti – di essere “imbalsamata”, resa sterile ed “innocua”. Sarebbe il modo peggiore per ricordare la lunga epopea della “Fiamma”, esperienza politica conclusa, resa viva però da idee profonde e da ugualmente profonde radici che si innervano nella più ampia Storia nazionale. A quelle idee non deve essere concesso solo l’onore delle armi e della memoria.
Non scambiare l’immaginazione con la memoria
Occorre evidentemente qualcosa di più, in ragione innanzitutto di valori e di idealità che vanno “riassunte”, nel senso di essere riprese in carico, senza che ciò significhi un richiamo nostalgico-sentimentale alle vecchie appartenenze, ai modi ed ai modelli del vecchio lessico politico. E’ facile per “chi c’era” ricordare i tempi (sempre ?) felici di una giovinezza a mezzo tra goliardia ed audacia, idee forti e memorie condivise, guerra politica ed imprese da “ragazzi della Via Pàl”. Rischiando così di scambiare l’immaginazione con la memoria.
Altra cosa evidentemente è il ripensamento critico di quella memoria, degli errori commessi, ma soprattutto delle occasioni mancate.
Dopo avere annacquato, per anni, le idee (ed erano parecchie, dietro la coltre nostalgico-reducistica appioppata dagli avversari) nel mare magnum del pensiero liberale, egalitario, formalmente democratico, quel “progetto alternativo” va ripreso e ripensato, proprio per gli spunti problematici e creativi, che lo segnarono: il senso della Patria, la dignità della memoria (fissata nella massima “non rinnegare, non restaurare”), le “nuove sintesi” (oltre la destra e la sinistra), il social-corporativismo con l’idea della rappresentanza dei ceti sociali, l’etica dello Stato, l’Europa Nazione. Su tutto la consapevolezza dei limiti di un Sistema, rispetto al quale ci si sentiva “estranei”, ma non per questo avulsi rispetto al quotidiano confronto politico.
La storia del Msi n0n può essere scritta dagli avversari
Quella Storia, la Storia del Msi, non è e non può essere ciò che un avversario in malafede vuole che essa sia, costruita cioè a misura delle criminalizzazioni intellettuali e delle interpretazioni faziose di parte piuttosto che delle ragioni storiche e culturali che l’hanno legittimata e dei percorsi politici che l’hanno realmente caratterizzata. Il settantesimo a questo dovrebbe servire: ricucire il senso di una memoria, verificandola alla luce del tempo trascorso, delle trasformazioni avvenute, senza, per questo, perderne di vista la complessità; spostare dal campo degli avversari a quello proprio il confronto sui valori fondanti in cui un certo mondo si è riconosciuto e ha costruito una propria originale proposta politica; ritrovare un percorso certamente tutt’altro che omogeneo, ma, proprio per questo, ricco di spunti culturali, di sollecitazioni programmatiche, di riferimenti ideali, di analisi controcorrente, di aspettative, di volontà ricostruttive.
Il Msi può rinascere? La risposta di Almirante…
Il Msi può rinascere ? Scrivevano, nel 1958, Giorgio Almirante e Francesco Palamenghi-Crispi: “Non è possibile restaurare nulla, quando si opera nella storia e nella politica; non è saggio e non è onesto rinnegare. Bisogna saper continuare, ereditando in blocco le responsabilità, come è dovere degli uomini seri e coraggiosi, ma sceverando le esperienze e traendone tutti gli ammaestramenti che ne derivano”. Valeva, settant’anni fa, rispetto al fascismo. Può valere, oggi, rispetto al Msi. I soggetti politici e gli uomini passano. L’ideologia , come dato culturale (convinzioni in valori e conoscenze) può permanere nella sua assenza. In attesa di un “contenitore politico” in grado di accoglierla.
i servizi sono di: Antonio Pannullo, Adele Sirocchi e Mario Bozzi Sentieri
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